Cari amici come ho già scritto
nella premessa del blog ( il 12 aprile ndr), “Si dice che "la mela non cade lontana dall'albero": una
verità assoluta su cui si basa tutta la storia psicologica di ciascuno di noi..
Alla fine siamo il risultato del posto (inteso come famiglia in primis e
ambiente culturale poi), da dove
veniamo!”
Tutti noi abbiamo una famiglia
alle spalle, con pregi e difetti, sia questa quella biologica, quella adottiva
o quella “allargata” per chi magari ha più matrimoni alle spalle e/o compagni
e/o un mucchio di parenti in generale. Fatto sta che è da lì che nasce il
tutto: è il posto dove veniamo “forgiati”.
Può più o meno piacerci come
affermazione, ma al di là delle singole opinioni è purtroppo o per fortuna un
dato di fatto.
Voglio chiarire da subito, a
scanso di equivoci per il lettore, che quanto scrivo non è “un processo” alla
MIA famiglia o alla famiglia in generale ma semplici constatazioni sulla realtà
dei fatti, per quanto riguarda il giudizio ognuno esprimerà il proprio, verso
la propria storia, in privato dentro di sé.
All’inizio del mio percorso di
cambiamento psicologico, ben prima dell’intervento di bypass, giustificavo ogni
abbuffata, decisione sbagliata ed emozione negativa dando la “colpa” a
situazioni e/o persone esterne da me stessa. Un modo come un altro per andare
avanti, raccontandosi che in fondo “poverina” sei una vittima incompresa e che
là fuori il mondo è brutto e cattivo.
Quanto era facile e comodo (e mi
manca.. OGNI TANTO CI CADO ANCORA)!!
Ogni volta che qualcosa non
andava, dalla banale arrabbiatura perché qualcuno ti taglia la strada alle
grandi sconfitte come per esempio la perdita di un compagno o del lavoro o di
un amico, o un lutto, o magari semplicemente noia e solitudine il cibo era lì
ad attendermi a braccia aperte quale rifugio sicuro. Forse proprio per il fatto
che bisogna “mangiare per vivere” sai che questo “rifugio” sarà lì per sempre e non potrà essere soggetto a nessun tipo
di perdita. Ed è nel concetto di “perdita” che la mia storia ha inizio.
In psicologia il concetto di perdita
viene racchiuso nei cosiddetti “problemi
di attaccamento”: fin dalla nascita quello che conta per il bambino è il
rapporto che si instaura con la mamma e quanto questo rapporto possa essere
“sicuro”. I rapporti con la madre possono essere di tipo "sicuro",
"insicuro" e sicuro/insicuro".
Se fai parte del primo gruppo hai
vinto alla lotteria e sicuramente sei una persona che di dipendenze sente
parlare solo dai media o dagli altri ma che mai le sperimenterà; se fai parte
del secondo gruppo molto probabilmente la o le dipendenze in generale sono
l'ultimo dei tuoi casini perché la tua vita probabilmente (l'eccezione esiste
sempre) è già abbastanza devastata da molto peggio; se fai parte dell'ultimo
gruppo, quello in cui possiamo racchiudere la maggioranza delle persone ME
COMPRESA, molto probabilmente almeno una volta nella vita una dipendenza da qualcosa
l'hai sperimentata: non necessariamente diventa patologica ma diciamo che nel
migliore dei casi vieni definito come "persona
estremamente sensibile per cui il giudizio altrui conta molto". È
proprio questa comunemente definita "sensibilità"che ci mette nei
guai.
La verità è che non è che sei
sensibile perché lo sei di indole ( se lo fossi saresti una persona equilibrata
che ha trovato il suo posto nel mondo e si interessa in maniera totalmente
altruistica all'altro: rapporto "sicuro"), sei "sensibile"
perché sei talmente debole che qualsiasi cosa potenzialmente diventa una ferita
mortale.
Perché succede?
Succede proprio perché la
sperimentazione di un rapporto affettivo (tra l'altro il primo) così importante
come quello con la mamma, un giorno è stabile e un giorno non esiste.
Con questo non intendo dire, per
banalizzare, che un giorno la mamma era di umore buono e l'altro negativo ma
più dolorosamente: "se oggi piove o nevica non è perché è realmente così
ma perché lo decido io".
Questo vuol dire che
indipendentemente dal nostro comportamento (" bravi" o "cattivi"
bambini) è lei che decide cosa siamo e noi allocchi abbocchiamo felici perché
dopotutto è sempre la mamma!
Questo purtroppo fa affondare le
nostre radici in un terreno franoso e non ci permette di costruire un senso di
sé (un "io sono") forte e sicuro: in fondo non sappiamo cosa siamo!!
Ricordo da ragazza le
"famose domeniche" di cui ho scritto nello scorso capitolo del blog ("ricordo che stavo guardando un film
western e mi sono fatta fuori uno stracchino intero con grissini e coca cola!"
), per me erano forse le più devastanti perché erano l'unico giorno che
potevo essere a casa a pranzo con la famiglia e la mia di famiglia ha sempre
usato il cibo per strumentalizzare i rapporti: papà era un uomo molto
particolare e il suo rapporto con la mamma molto profondo ma anche esclusivo da
cui ero puntualmente tagliata fuori. Spesso questa manipolazione consisteva nel
fatto che se papà si innervosiva con la mamma per una qualsiasi questione si
rifiutava di mangiare, lei allarmata portava in tavola ogni ben di Dio e mi
obbligava ad assaggiare tutto perché "forse
così se lo mangi tu, che lo sai gestire(
papà), gli viene voglia e mangia", e io mangiavo... a qualche domenica
di distanza quando il sole splendeva sul loro rapporto loro mangiavano di tutto
e io ero a dieta perché grassa! Ed ecco i famosi pomeriggi a casa da sola
mentre loro erano affacendati nell'orto o in visita parenti a mangiare davanti
alla tv: forse all'inizio era per fame poi è diventata un'abitudine.
Gli episodi che vi ho appena
raccontato altro non sono che la fotografia di quel rapporto sicuro/insicuro di
cui vi parlavo prima.
Loro insieme erano fatti così,
oggi a distanza di molti anni dalla morte di papà la mamma è forse ancora
peggio e più agguerrita che mai con me che rimango sempre una piccola bambina
incapace e purtroppo devo accettare il fatto che questo non cambierà. Sarà
sempre lei a decidere, qualunque cosa io faccia, se è meritevole oppure no
indipendentemente dalla realtà!
Intendiamoci sul fatto che ancora
da lei non riesco a staccarmi del tutto è un po come la sindrome della vittima
che si innamora del carnefice. Molti leggendomi penseranno che sia stupida o
debole, ma chi come me vive una dipendenza sa di cosa parlo.
La chiave della libertà sta
purtroppo tutta qua: liberarsi da queste catene emotive.
Oltre a questo (la famiglia) sei
anche il risultato della tua cultura ed è proprio lì che il comportamento dei
miei in un certo modo viene "avallato" come normale.
Cosa intendo? Ve lo racconto la
prossima volta.
Buona serata a tutti!