Presto ritorneremo a parlare
della famiglia ma intanto parliamo un po di "avvallo" di
comportamenti familiari all'interno della cultura di appartenenza.
L'Italia è un paese straordinario
sotto molti aspetti ma quello che secondo me è uno tra quelli più straordinari
è la differenza culturale che posso trovare di paese in paese anche a pochi
chilometri di distanza. Non amo molto le etichette
"generalizzate/standardizzate" per due motivi: primo non è vero, per
me, che la media conta; ogni persona e ogni luogo ha la sua peculiare storia; secondo se si generalizza si rischia di prendere degli enormi granchi.
Una delle prime cose che ti
vengono insegnate se decidi di fare il mio mestiere, è quella di imparare ad
ascoltare e a tacere prima di esprimere un qualsivoglia giudizio su una persona
perché MAI puoi sapere la storia che ha alle spalle: dovrebbe ahimè valere anche
per tutti i rapporti interpersonali in generale.
Mi spiego: davanti puoi avere due
persone che hanno vissuto la stessa esperienza, ma il loro modo di reagire,
seppur magari sotto certi aspetti simile, non può mai esserlo completamente
perché il cammino che li ha portati a vivere la stessa esperienza è molto
diverso, come è diversa la personalità.
Lo stesso, cari lettori, vale per
i disturbi alimentari ( chi ne soffre non arriva dalla stessa storia) e per la
cultura. Puoi essere del nord, del centro o del sud ma questo da solo non è
sufficiente per darti una caratteristica generale e "vera"o perlomeno
non lo è per me.
I miei genitori sono entrambi
originari di un piccolo paese di montagna all'estremo confine nord della
vecchia ( ormai chiusa) provincia di Pordenone: Erto e Casso.
Due piccoli agglomerati di case
distanti uno dall'altro un paio di chilometri ma profondamente diversi. Gli
abitanti di Casso sono di origine veneta, hanno un carattere più aperto e
solare e anche il loro dialetto è di chiara derivazione veneziana. Erto invece,
dove sono vissuti entrambi i miei genitori ( nella frazione di San Martino) ha
origini ben più antiche forse anche di epoca romana con forti influenze
celtiche e il dialetto è un misto tra ladino e francese: persone e dialetti
completamente diversi così come anche la loro cultura di appartenenza.
Erto come Casso era profondamente
segnato dallo spopolamento per la mancanza di lavoro in valle e da sempre le
persone (spesso donne) si davano, tra gli altri mestieri ( boscaioli, cavatori
ecc), al commercio ambulante,stando lontano da casa per molti mesi.
Si viveva in famiglie allargate,
dove se vogliamo si può dire che tutta la comunità aiutava nell'accudimento dei
più piccoli.
Mamma a differenza di mio padre ,
che ha avuto un'infanzia ben più dura e difficile, ha vissuto i suoi primi sei
anni lontano dai miei nonni che erano affacendati nel girare il triveneto con i
mercati ( ambulanti commerciavano in vestiario). Lei ne racconta sempre come il
periodo più bello della sua vita e ricorda con rammarico quando, a sei anni, i
nonni vennero a prenderla per portarla a vivere con loro a Bolzano dove avrebbe
frequentato la prima elementare. Il suo ricordo più nitido è il grande
dispiacere per aver dovuto imparare a mangiare con le posate!! In seguito poi
si sarebbe trasferita nella Val Canale- Canal del Ferro prima nell'abitato di
Carnia ( comune di Venzone) e poi in via definitiva a Tarvisio (Ud) al confine
con Austria e Slovenia. È stata questa vita "ambulante" a salvarla
dal disastro del 9 ottobre del 1963: era a Tarvisio per lavoro e non a casa a
Erto. Per darvi un'idea di quanto sia attaccata alle sue radici e alla sua
cultura in tutti i suoi anni di vita(71), non ha mai voluto trasferire la
residenza a Tarvisio nonostante ci passi 340 giorni l'anno: prima a Erto e poi
dopo il disastro, nel nuovo abitato di Vajont.
Memore della sua infanzia
spensierata, quando sono arrivata io è stata ben felice di affidarmi alle cure
amorevoli di una mia prozia materna, sorella di suo padre: mia zia Maria che
per me è e sarà sempre zia MAÌA (con l'accento sulla i).
Con zia Maìa siamo state insieme
da quando avevo poco più di tre mesi fino alla sua morte il 17 maggio del 1989
( 13 anni).
Quello che io ho vissuto come un tragico abbandono altro non era che un comportamento "avvallato" dalla mia cultura: si fa così e fine del discorso, o perlomeno lo era per la mia famiglia.
La storia continua nei prossimi
giorni!