domenica 21 febbraio 2021

 

IL VERO SENSO DI APPARTENENZA

Che anno strano quello appena passato, difficile a tratti al limite dell'impossibile a livello emotivo per tutti noi.. quando decisi di iscrivermi a psicologia dopo il liceo nel lontano 1995 sentivo che quello era il mio percorso di vita ma mai avrei immaginato che sarei arrivata a vivere un evento traumatico come quello della Pandemia da Sars-Covid19.

Quell'estate del 1992, perché lì siamo rimasti, dopo il suicidio di zio Giovanni pensavo che niente mi avrebbe toccato così nel profondo: quanto mi sbagliavo!

Per chi come me, nasce e cresce a pane e disastro del Vajont è abbastanza "normale" che nella vita di "effettivamente normale e liscio" non ci sia nulla, ti aspetti il casino dietro ad ogni angolo. Questo per farvi capire che bene o male la pellaccia dura ce la facciamo da piccoli su certi argomenti e determinate situazioni, con a fianco Attila poi tutto si supera.

Mi sbagliavo di grosso! Per la prima volta nella mia vita mangiare non mi tranquillizza per nulla, ormai è un meccanismo e la voglia è comunque presente ogni secondo di ogni giorno e la mia dieta è stata composta per lo più di schifezze nell'ultimo anno seppur in quantità ovviamente limitata.

Soprattutto nella prima parte del 2020 e del primo lockdown ho avuto problemi anche a dormire bene e come me, penso molti di voi.

Il mio unico pensiero era quello di riuscire a "traghettare" tutta la mia comunità sana e salva dall'altra parte della riva... è andata abbastanza bene per ora: abbiamo avuto 2 perdite dovute alle complicanze del Coronavirus, un po' perché siamo stati e continuiamo ad essere abbastanza ligi alle regole dall'altra perché siamo una comunità con l'età media piuttosto giovane e i casi critici per fortuna sono stati rari.

Tuttavia mi rendo conto che la percezione del rischio si sta abbassando in modo preoccupante soprattutto dopo quasi un mese di restrizioni light, ci siamo dentro con tutte e due le scarpe e la maggioranza non lo vuole sentire o vedere più.

Questa pandemia ci ha inevitabilmente cambiato, chi in meglio, chi in peggio come ogni emergenza che si rispetti: per la prima volta non ho le idee chiare sul cosa mi aspetta nel futuro a medio-breve termine e questo mi fa talmente destabilizzare da cercare Attila in maniera ossessiva. Forse non era solo la solitudine o la rabbia che mi faceva abbuffare?

Non l'avevo mai vista sotto questa luce.

Quando zio Giovanni decise di morire, quando poi uno a uno la morte si è presa quasi tutta la mia famiglia in questi anni, lasciando qualche cugino e la mia mamma, pensavo non ci fosse nulla di peggio del vuoto che avevano lasciato nella mia vita, che ovviamente cercavo di riempiere con il cibo, invece qualcosa di peggio c'è ed era presente anche allora: il senso di non appartenenza.

se ci pensiamo bene è quello che più ci fa soffrire in questo periodo: a quanti sarebbe di conforto essere una nazione ( leggasi famiglia) coesa con un obiettivo unico? Invece no, ognuno fa per sé e guarda solo alle proprie necessità come se questo profondo egoismo potesse di fatto salvarci.

Non sarà così, anzi ci porterà a morire ancora più in fretta. 

Il sentirsi soli davanti all'ignoto, con gli stessi bisogni degli altri ma non condivisi, il sentire tutto e il contrario di tutto da chi ci governa, dai medici che non hanno una valutazione sostanzialmente univoca sul virus, essere costantemente esposti a infodemia continua senza avere le capacità per capire tutte le informazioni fino in fondo, l'uso non corretto dei social e potrei continuare all'infinito, ci porteranno ad allontanarci gli uni dagli altri ed ecco che quel vuoto in qualche maniera tutti lo dovremmo colmare: ci sarà che mangerà, chi farà abuso di psicofarmaci, chi seguirà altre strade.

Finiremo per allontanarci dalla nostra umanità: a tratti mi sembra di vedere una grande situazione di bullismo collettivo.

Oggi mi andava di condividere questo pensiero di grande preoccupazione con voi, la prossima volta prometto riprenderemo un po' il racconto della mia storia.




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